Libero Contributo – David Rossi, lo sfogo del fratello e quelle lesioni sul cadavere

Pubblico con ritardo (causa mia indisposizione) questo articolo di cronaca e dossier. Le parole di Ranieri Rossi sono condivisibili e io le sottoscrivo. Quando ho visto l’intervista che Raffaele Ascheri ha fatto a De Gortes sono rimasto di sasso a sentire le parole di un “amico” di Rossi verso la famiglia e su quello che è accaduto quella sera. Non perderò altro tempo sull’intervista all’imprenditore senese non ne vale la pena. Vi consiglio anche questo link (leggi)

Il fratello di David Rossi:

«Nessuno ci faccia passare da illusi o visionari».

Emergono altre incongruenze con la versione ufficiale del suicidio

È uno sfogo duro ma comprensibile quello che Ranieri, fratello di David Rossi, consegna alla stampa contestando alcune espressioni comparse negli ultimi tempi su quotidiani e in tv.  Seguono gli stralci della lettera che Ranieri Rossi ha inviato alla Redazione di Cronaca&Dossier.

«”La famiglia cerca una sua verità… i familiari cercano un’altra verità”. In tutta questa storia queste sono le due frasi che in assoluto mi fanno più arrabbiare ‒ è lo sfogo del fratello di David Rossi ‒. Le trovo offensive, indisponenti, derivanti da un atteggiamento ipocrita di chi vuole ridicolizzare i parenti che non si rassegnano all’evidenza».

L’“evidenza” a cui si riferisce Ranieri Rossi è quella della versione ufficiale del suicidio, versione che ha in sé ancora troppi elementi che non tornano. E chi pensa che il caso David Rossi abbia esaurito ogni elemento di sorpresa è sulla cattiva strada: ancora altri indizi e discrepanze emergono analizzando le carte dell’inchiesta, soprattutto ora che i consulenti della famiglia Rossi appaiono ancor più determinati a contrastare la versione del suicidio.

 

David Rossi, the spokesman of Monte Paschi di Siena, is seen in this undated photo. Rossi, found dead on March 6, 2013, was under pressure over an investigation into alleged corruption and fraud that has rocked the world's oldest bank, reporters who knew him said. REUTERS/Stringer (ITALY - Tags: BUSINESS OBITUARY)
David Rossi

«Un magistrato mi disse…»

«Di mestiere faccio il ricercatore e proprio il mio lavoro mi ha insegnato che la verità è una sola, basta saperla e volerla cercare ‒ continua nella sua lettera il fratello di David Rossi ‒. Basta avere la pazienza e la competenza di mettere insieme prove, di analizzare i dati a disposizione e di farlo con i migliori strumenti e tecniche.

Ad aprile scorso un magistrato mentre scendevamo insieme con l’ascensore per andare poi a riesumare la salma di David, mi disse di stare tranquillo promettendomi che avrebbero fatto indagini accurate, ammettendo allo stesso tempo che in passato erano stati fatti errori e leggerezze. Mi ricordo ancora distintamente le sue parole: “Mettiamoci una pietra sopra a quello che è stato fatto in passato ora cerchiamo di scoprire come sono andate veramente le cose, noi ce la metteremo tutta”. Quelle parole espresse in tutta sincerità in un momento per noi particolare, mi rassicurarono, finalmente qualcuno che ammetteva che le indagini erano state fatte male, qualcuno che, con umiltà, aveva perfino la capacità di scusarsi per gli errori commessi».

david rossi -finestra
Finestra dalla quale sarebbe caduto David Rossi

«Senza prova certa si vuole concludere che David Rossi si è suicidato»

La lettera di Ranieri Rossi non si limita a far presente l’amarezza per le tante parole dette su una vicenda con pochi punti fermi, ma va nel merito della questione.

«Di mestiere non faccio l’investigatore o il magistrato, non so come vengono condotte e da chi le indagini. Da profano uno si immagina che ci sia un pool di esperti tipo CSI che con metodiche altamente scientifiche analizza ogni singolo dettaglio. Ci si immagina che ogni prova venga considerata, ogni persona coinvolta sentita, ogni reperto accuratamente analizzato, che si faccia accurata ricostruzione della scena del delitto, che si analizzi con abnegazione ogni fotogramma dei filmati, che si chiedano registrazioni di tutte le telecamere, i tabulati telefonici, che ogni traccia venga accuratamente vagliata prima di formulare una qualsiasi ipotesi. Si pensa che sia usuale chiedere parere a esperti del settore quando non si hanno le competenze, magari anche a più esperti per dirimere una singola prova. Leggendo la corposa relazione fatta dal colonnello Zavattaro e dalla professoressa Cattaneo, una cosa balza subito agli occhi, senza entrare in tecnicismi: anche senza alcuna prova certa (né elementi probatori dirimenti) si vuole concludere che David Rossi si è suicidato, senza ombra di dubbio. Stessa considerazione che gli inquirenti, quando ancora nessuna indagine era stata espletata, ebbero la sera del  6 marzo 2013».

“Poco dopo giungevano sul posto i Sostituti MARINI, NATALINI e NASTASI. Dopo un primo sopralluogo finalizzato a rinvenire tracce utili per la spiegazione del gesto suicida l’ufficio del ROSSI, su delega verbale del Dott. MARINI veniva sottoposto a sequestro, chiuso a chiave e sigillato”

(Estratto dal verbale del 6 marzo 2013)

«Il “poco dopo” ‒ continua nella sua lettera il fratello di David Rossi ‒ si riferisce alle ore 21:30 del 6 marzo 2013, evidentemente i magistrati alcuni minuti dopo aver trovato il cadavere del responsabile della comunicazione del MPS avevano immediatamente “deciso” (non si capisce in base a cosa!) che di suicidio si trattasse. Ora si continua su quella traccia, si deve trovare spiegazione del gesto suicida in quanto si è sicuri che di suicidio trattasi».

david rossi
Corpo di David Rossi a terra dopo la caduta

«Si vuole solo la verità e non la nostra verità»

«La cosa che mi mette più tristezza e al contempo delusione, leggendo la relazione, è che si considerano (peraltro male e  parzialmente) solo alcune prove e che spesso lo si fa con assoluta incompletezza. Mi chiedo come abbia fatto il Colonnello in questione ad esprimersi da grafologo (mi risulta sia ingegnere), da psicologo, biologo, chimico, criminalista, medico legale, esperto informatico oltre che naturalmente che da fisico e esperto di traiettorie. Vorrei evidenziare che alla famiglia per analizzare le stesse prove si è dovuta avvalere di esperti specifici, quali ingegnere, genetista forense, chimico, tossicologo, informatico, medico legale, psicologo forense, biologo e criminalista oltre che naturalmente anche di due avvocati. In particolare mi preme chiarire che ai suddetti consulenti è stato chiesto di analizzare ogni prova a nostra disposizione e non di dimostrare che David è stato ucciso, si vuole solo la verità e non la nostra verità come qualche giornalista inappropriatamente ha scritto. Rimanere nel dubbio è qualcosa ancora peggiore che venire a conoscenza di una verità che non ci piacerebbe.
L’evidenza che balza agli occhi di tutti, è che i consulenti scelti dalla procura partendo dai pochi dati oggettivi a disposizione – dati tra l’altro solo parziali  (gran parte dei quali se acquisiti nell’immediatezza del fatto – e non dopo 3 anni – avrebbero dato risultati senza dubbio dirimenti e.g. ricerca di tracce di DNA e merceologiche sul corpo di David, ricerca di tracce di DNA sui cellulari, nell’ufficio, nei fazzolettini – di cui oggi non c’è traccia!!!) hanno ricondotto in modo non neutrale tutta la vicenda verso il suicidio. Tutto questo fa male, molto male. Indubbiamente in tutta questa storia ci sono prove che fanno pensare al suicidio, ma molte altre che fanno pensare all’omicidio».

giacca male david rossi
Interno dell’ufficio

Quegli oggetti spostati nella stanza

Nella lettera si entra poi nel merito delle indagini, di quegli elementi che ancora non tornano e lasciano perplessi a distanza di anni. Secondo il fratello di David Rossi: «Il Colonnello Zavattaro non menziona mai le “leggerezze” commesse nella precedente inchiesta e questo provoca sconcerto anche a chi, come chi scrive, non è esperto del Diritto. Quello che mi lascia maggiormente con l’amaro in bocca è che sia proprio un Colonello dei RIS (Reparto dichiaratamente qualificato e che per competenza è chiamato a svolgere attività tecnico-scientifica) ad affermare con assoluta normalità che è vero che gli oggetti sono stati spostati nella stanza tra il primo intervento ed il successivo arrivo della scientifica ma si dichiarerà che le “modifiche” sarebbero di modestissima entità, lasciando intendere che quando arriva la scientifica è quasi tutto come all’inizio, cosa peraltro assolutamente smentita dalle foto già apparse su giornali e televisioni.
Queste affermazioni sono di una gravità inaudita, infatti spostare e/o far sparire oggetti dalla scena del crimine – prima che la Scientifica fotografi il tutto – rende inutile il lavoro di indagine della Polizia scientifica stessa. Nella mia illusione pensavo che si ripartisse da quel “mettiamoci una pietra sopra a quello che è stato fatto in passato ora cerchiamo di scoprire come sono andate veramente le cose, noi ce la metteremo tutta”. E invece mi sbagliavo: ancora una volta siamo obbligati a passare come illusi visionari che non si rassegnano ad accettare la storia così come è andata, così come è stata descritta da “esperti investigatori”. In fondo la famiglia vuole una sua verità, vuole una verità  diversa, come qualche improvvido giornalista scrisse a suo tempo.
Ebbene tutto questo non mi piace, non lo trovo né corretto né tipico di uno stato di diritto. Vogliamo la verità e basta e che nessuno ci faccia passare da illusi o visionari. Magari se poi qualcuno si scusasse anche per la incompleta e frettolosa indagine fatta dall’inizio sarebbe un gesto apprezzato, anche se non necessario».

Il “dettaglio” del furgone e le lesioni pre-caduta

Il corpo ha terminato l'azione dinamica prodotta dalla caduta
Il corpo ha terminato l’azione dinamica prodotta dalla caduta

«Abbiamo analizzato finemente ogni dettaglio della relazione insieme ai nostri consulenti e al più presto presenteremo alla Procura le criticità e le incongruenze che questa contiene. Per fortuna comunque un punto fermo è stato messo dalla professoressa Cattaneo in questa famigerata relazione: tutte le lesioni nella parte anteriore del corpo non sono riferibili alla caduta.

Nuova immagine
Vista dall’ingresso di Vicolo S. Pio. In rosso la finestra dell’ufficio del Rossi. Il furgone bianco è ancora parcheggiato (foto del 7.3.2013, ore 10:46)

Il problema adesso è come interpretare l’origine delle suddette lesioni e di identificare il contesto in cui si sono verificate. Bisogna ovviamente farlo con competenza e precisione. Non entro nei dettagli della relazione Cattaneo-Zavattaro, questo non è il luogo o il momento.

Voglio solo mostrare una delle prime immagini della relazione stessa dove si mostra il famoso furgone del 6 marzo fotografato il giorno successivo: è proprio lo stesso come si afferma nella relazione. E questo è solo un dettaglio irrilevante, figuriamoci il resto».
Redazione Cronaca&Dossier

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