Il Vice- Don BRUNETTO su facebook ha scatenato una serie di discussioni ieri ne ho dato conto ai lettori che non hanno un profilo sul famoso social (leggi qui) e (qui). Non ha tardato a farsi sentire la voce di LUCA GORACCI, legale della famiglia Rossi, che mi ha inviato questo articolo, che volentieri pubblico. La teoria del VICE-SINDACO per me fa acqua da tutte le parti e più che altro LUI continua a dire che questa amministrazione ha rotto con il passato… C’è da chiedersi come la mette con sua moglie che era in deputazione della Fondazione e poi Assessore con Franko Ceccuzzi… BUONA LETTURA
Caro Fulvio, ho letto con attenzione i tuoi e gli altri commenti prima di intervenire, se mi è concesso, in questo interessante dibattito che credo mi veda abbastanza coinvolto, ho rivisto e riascoltato l’intervento di Daniele Magrini, dal quale il dibattito ha preso origine, al solo fine di commentare la Tua frase “A tutto questo si aggiunge il lavoro che nel presente muove opinionisti, giornalisti, aspiranti politici, romantici del passato, sostenitori della tabula rasa e della catarsi nichilista e purificatrice etc. etc. All’individuo dotato di ragione rimane la sua coscienza critica onde discernere …..”. Mi sono chiesto quali siano le basi affinché un soggetto possa formarsi quella coscienza critica indispensabile al fine di poter discernere….. arrivando alla conclusione che senza conoscenza ( anche dei fatti) sia abbastanza improbabile per non dire impossibile che il singolo possa formarsi una propria coscienza. I termini da Te usati, catarsi nichilistica e purificatrice, se correttamente ho interpretato il Tuo pensiero, sono tesi a contestare, fuori da un contesto filosofico, l’atteggiamento di chi vorrebbe la distruzione di qualsiasi istituzione o sistema di valori esistente. Senza alcun intento demagogico e supponendo di avere ben chiara la distinzione tra merito e metodo, fuori da ogni scenario politico credo, da un lato che nessuno dei commentatori abbia come scopo quello di annientare le istituzioni, tutt’altro; dall’altro che la conoscenza del passato, a noi molto vicino sia indispensabile per poter affermare di aver vinto qualche battaglia o di aver reciso qualunque legame. Sicuramente verremo tutti giudicati per quello che abbiamo fatto, e non mi riferisco solo ai tre livelli di giudizio a cui Tu fai riferimento, ma come formarsi quella coscienza senza conoscere ovvero conoscendo solo quello che il singolo deve poter conoscere. Torno alle parole di Daniele Magrini ( che vorrebbe fare altri nomi ma ne fa soltanto tre) e mi rimbalzano nella mente concetti elaborati dal Lippmann nel lontano 1922, quando coniò il termine della “fabbrica del consenso” e dalla Scuola di Francoforte che denunciava la “propaganda” tesa ad omologare il modo di pensare della massa, ovvero ad avvilire la libera determinazione del popolo. Scriveva il LIppmann :“ Nella maggior parte dei casi noi non siamo soliti vedere e poi definire. Noi prima definiamo e poi vediamo. In quella gran confusione che è il mondo esterno, noi siamo portati a riconoscere ciò che la nostra cultura ha già definito per noi, e tendiamo a percepire ciò che abbiamo riconosciuto nella forma stereotipata per noi dalla nostra cultura. […] Immaginiamo molte cose prima di averne avuto esperienza diretta. E questi preconcetti governano profondamente l’intero processo di percezione”. Secondo il Lippmann I leader politici devono conoscere bene l’arte di elaborare una volontà generale da una moltitudine di desideri diversi, utilizzando simboli capaci di ricostruire le emozioni, dopo averle dissociate dalle rispettive idee. Poiché i sentimenti sono molto meno specifici delle idee, il leader deve essere capace di ottenere una volontà omogenea da una massa eterogenea di desideri. Il singolo non ha un’opinione su tutte le questioni pubbliche, non sa come dirigere i pubblici affari, non sa che cosa succede, perché succede, che cosa dovrebbe succedere. Suggeriva di gestire il rapporto tra le autorità e la popolazione attraverso la fruizione di segni semplici, capaci di colpire emotivamente la collettività, ma con la capacità di condurre questa ad una univoca conclusione, conclusione che gli esperti hanno previamente elaborato per via razionale: i segni devono avere un carattere tale da essere riconosciuti e compresi senza la necessità di un sostanziale sguardo alla sostanza del problema: devono essere guide per azioni ragionevoli a uso di persone disinformate. Aspetto questo estremamente rilevante ed attuale, sosteneva, che, al fine di condurre una propaganda, era necessaria l’esistenza di una qualche forma di barriera tra il pubblico e gli eventi. L’accesso agli ambienti dell’informazione deve essere limitato, così da evitare che qualcuno possa creare un ambiente artificiale, all’interno della società, tale da apparire giusto, solo grazie alla manipolazione della popolazione. La manipolazione consapevole e intelligente delle abitudini organizzate e delle opinioni delle masse è un elemento importante in una società democratica, ma può diventare fuorviante. Coloro che manipolano questo meccanismo della società costituiscono un governo invisibile che ha il vero potere di governare. Le menti vengono modellate, i gusti influenzati, le idee suggerite da uomini di cui forse neppure hanno sentito parlare. La mente collettiva non ragiona nel vero senso del termine, al posto dei pensieri ha impulsi, abitudini e emozioni e segue un leader che, per fare questo necessita di una attività di diffusione capillare di idee ed informazioni con il preciso scopo di indurre, chi la riceve, a compiere specifici atteggiamenti; in altre parole, la volontaria, metodica e pianificata utilizzazione di tecniche di persuasione al fine di raggiungere determinati obiettivi, idonei ad apportare benefici per coloro che organizzano il processo propagandistico. A fronte di una oggettiva ( quando c’è) descrizione dei fatti, questi spesso vengono presentati con un criterio selettivo, omettendo di dire o addirittura mentendo, al fine di stimolare una conclusione particolare nel ricevente del messaggio; questo procedimento crea risposte emozionali più o meno forti, comunque non conformi al fatto storico rappresentato, così da danneggiare o quanto meno indirizzare, la naturale libera formazione del pensiero e di quella coscienza a cui Tu fai riferimento.
Sappiamo, perché gli storici ce lo hanno detto, a cosa ha portato, nei primi decenni del secolo scorso in Europa una certa propaganda e non a caso qualcuno oggi parla di deriva democratica. Horkheimer denunciava lo smarrimento della ragione “oggettiva o classica”, che voleva giungere alla natura delle cose, e l’avvento della ragione “strumentale”, d’origine empiristica e illuministica, la quale ha tradito l’originaria istanza emancipativa e si è rovesciata in strumento di dominio dell’uomo sull’uomo. Io non vedo oggi, e non solo a Siena, battaglie vinte anche senza l’uso delle armi, non vedo una cesura netta con il passato, non vedo una libera informazione utile per l’autodeterminazione delle coscienze, nel mio piccolo vedo una città che ha perso e che non reagisce.
Le parole di Mancuso sono, a dir poco, agghiaccianti!
Bellissimo articolo. Sono totalmente d’accordo.
Mi pare che l’amico Luca dica sostanzialmente le stesse cose con un maggiore accento di disillusione generale (che peraltro condivido): la coscienza critica i cittadini se la fanno attraverso l’informazione, l’informazione deve essere libera o quanto meno varia (ma oggi a Siena l’informazione è o non è molto più libera rispetto a tre anni fa?), la storia la scrivono gli storici ma anche questi possono scriverla secondo il punto di vista di chi ha vinto. Infine, dice, che i condizionamenti dell’informazione sono ovunque (ci mancherebbe affermare il contrario, basti pensare allo strapotere delle multinazionali sulla politica e sulle istituzioni) e dunque il mondo va nella direzione di un diffuso condizionamento delle coscienze. Purtroppo è così ma proprio per questo occorre non arretrare di un centimetro nell’esercizio democratico quotidiano. Saluti
Quando il vicesindaco Mancuso asserisce che rispetto a qualche tempo fa l’informazione a Siena è più libera, dovrebbe riflettre sul fatto che talvolta si tratta di autonome scelte editoriali. Personalmente non ritengo vi sia stata una evidente distinzione rispetto a qualche tempo fa, soprattutto riferita ad uno specifico quotidiano cittadino. Comunque vorrei asserire e ricordare a Mancuso che i cittadini ed il popolo gradirebbero una informazione LIBERA e non PIU’ libera!
Avvocato Goracci, condivido ogni punto!!!
Giustissimo. Libera e non più libera. Ma anche leggendo l’amico Luca, comprenderà che l’aspirazione alla totale libertà si scontra con una realtà piena di condizionamenti. In ogni caso rivendico il fatto che senza il “2013” oggi saremmo sempre alle prese con la caccia alle streghe (alias libera comunicazione). Saluti!
Mancuso, ammetti ti e’ scappata una frase infelice e ricordati la merda piu’ la rimesti e piu’ puzza.
Mi inchino allo stile ed al contenuto dell’articolo dell’ Avvocato Goracci, che conosco e stimo.
Non voglio commentare le parole di Mancuso, faccia tesoro di quello che ha detto senza giri di parole “Gino”,chi continua ad arrampicarsi sugli specchi di solito non fa una gran bella figura….